Anonimo

Il Corpus di vedute Cybo-Malaspiniane dell'Archivio di Stato di Massa

Il corpus di vedute, di autore anonimo, conservato presso l'Archivio di Stato di Massa, è un'unica raccolta che comprende cinquantasei disegni raffiguranti sia Massa, Carrara e frazioni collinari oltre ai possedimenti di Aiello e Ferentillo e della Padula (o Paduli) Beneventana, fedi di cui il primo ubicato in Calabria, il secondo vicino a Terni ed il terzo in Campania.

Il corpus sembra rientrare, come affermano gli studiosi Luisa Passeggia e Stefano Prampolini nel genere di libri di carte, meglio conosciuti come atlanti di città che, in sintonia con la moda del collezionismo proprio cinque-seicentesco, indicava raccolte di fogli sciolti o rilegati con lo scopo di raffigurare soggetti a carattere urbanistico o cartografico.

Si assiste in questo periodo al mutamento dell'area cittadina e della sua rappresentazione. E se da un lato la rappresentazione con il LIBER CHRONICARUM di Hartman Schedel, corredato dalle xilografie di Michael Wolgemut, sempre ancorato, come affermano Passeggia e Prampolini, alla concezione di un'arte fortemente ideognomica e simbolica e non fisiognomica e realistica, dall'altro, una più incisiva rappresentazione urbanistica trova il suo fulcro nei procedimenti pratici, illustrati da parte di Leon Battista Alberti, nel più noto De Pictura ma anche su Ludi mathematici e nella Descriptio Urbis Romae.

Sempre secondo quanto affermato dagli autori suindicati, se la rappresentazione urbanistica assicurava un valore diverso a seconda dei luoghi di produzione e di ciò che voleva rappresentare, è importante distinguere la cartografia prodotta solo ed unicamente per scopi militari e difensivi (vedi repubblica di Genova) da quella realizzata quale espressione autocelebrativa del principe (vedi ducato di Savoia), unicamente alla conoscenza di luoghi e sistemi di difesa e alla descrizione di estensioni fondiarie.

Concepiti, secondo gli autori del saggio, fra la rappresentazione della ristrutturazione urbanistica voluta dal principe Alberico secondo una tridimensionalità speciale: spazio della guerra (pù difesa che offesa), spazio della pace; sviluppo della viabilità e assetto agricolo, regolamentazione dei fiumi per garantire salute, infine spazio della casa e della città secondo la concezione albertiana che pensava la città come una grande casa e la casa come una piccola città.

Ma veniamo al punto.

Sino ad oggi non si è riusciti a dare un nome certo all'autore dei disegni in parola. È stata ipotizzata da Passeggia la committenza da parte di Alberico I, sicuramente condizionato dal raffinato ambiente culturale genovese, e non solo, grazie al vertiginoso sviluppo economico, ad un pittore coevo, con il compito di rappresentare i suoi domini, sempre nella triplice chiave interpretativa di spazio.

Ma chi era il pittore incaricato di dipingere i domini cybei, come immagine del potere del principe? Secondo l'autrice, sarebbero da attribuire, dato lo stile pittorico, sia pure con la massima prudenza, a Giusto Utens, pittore fiammingo trapiantato a Carrara, dove si unì in matrimonio ad una carrarese, dalla quale nacque il figlio Domenico, indicato dalla Passeggia quale probabile autore delle rappresentazioni dei feudi del Sud Italia.

I disegni furono acquistati per il prezzo di cinquanta lire nel settembre 1915, per iniziativa dell'allora direttore Umberto Giampaoli, dalla contessa Clementina Guerra-De Luca tramite il genero umberto Guidoni, presso la quale il canonico Mussi aveva dichiarato, in un articolo dell'Indipendente del 22 agosto di quell'anno, di averli potuti ammirare augurandosi un tempestivo acquisto da parte dell'Archivio di Stato di Massa.

In origine di proprietà del conte Uguccione Pepoli, nipote di Carlo I, come si evince dalla sua dichiarazione sul verso del disegno inerente Monte Abatino di Ferentillo, con il quale mantenne sempre rapporti di grande cordialità e di affetto. Rapporti che si erano particolarmente intensificati durante il soggiorno a massa di Vittoria Pepoli, sorella del principe, che, divisasi dal marito, il conte Ercole, separazione avvenuta nei primi anni del '600, si era ritirata con i figli Odoardo e Uguccione presso la corte Cybea, dove morì nel 1635. Nel saggio del canonico mussi Ricordi della nobile ed illustre famiglia Pepoli a Massa, si legge: ... si conservano a questo regio archivio di stato varie lettere del figlio di Vittoria Pepoli, inviate al suddetto principe (Carlo).

Il fatto che il Pepoli fosse il proprietario delle vedute induce chi scrive a pensare (dal momento che i disegni sono databili, almeno quelli inerenti a Massa e a Carrara, fra il 1600 e il 1640, per i motivi che tutti conoscono, e quelli relativi ai feudi cybei nel ud Italia sono attribuiti, sia pure con beneficio d'inventario, a Domenico, figlio di Giusto Utens): come è possibile che dei medesimi sia stato fatto dono ad Uguccione Pepoli da Carlo I, come affermato dal Giampaoli? E se sì, perché?

Restando nell'ottica delle rappresentazioni cinquecentesche e seicentesche, sia pure in tono minore rispetto ad altri stati limitrofi più potenti, come è ipotizzabile che un principe potesse fare oggetto di dono la rappresentazione dei suoi domini? Come è possibile che abbia potuto privarsi del simbolo dell'autocelebrazione, sia pure meno pregnante rispetto ad altri principi (v. Carlo Emanuele di Savoia), quale prova tangibile dei suoi feudi di cui, in epoche diverse, era stato investito?

Purtroppo, da un esame del carteggio intercorso fra il conte Uguccione Pepoli e lo zio Carlo I, non è emersa alcuna notizia in proposito che possa in qualche modo illuminarci. Al momento non resta che pensare che si sia trattato di un dono spontaneo dello zio al nipote, a conferma di un affetto e di una stima reciproci profondi, ipotesi suscettibile di modifica se non di smentita.

Olga Raffo Maggini
Direttrice dell'Archivio di Stato di Massa

Fonti:
Luisa Passeggia, Stefano Prampolini, "Un corpus di vedute Cybo-malaspiniane seicentesche, l'immagine e la storia", in Alberico I Cybo Malaspina, il Principe, la Casa, lo Stato (1553-1623), Dep Di Storia Patria per le antiche Provincie Modenesi, Bib. N.s. 136, 1995.